Sciascia è stato senza dubbio uno dei protagonisti-simbolo della cultura italiana negli anni Settanta. Lo scrittore siciliano, da "La corda pazza" (1970) a "L'affaire Moro" (1978) offrì ai lettori dell'epoca un campionario di denunce rigorose e spietate in merito alle contraddizioni della società e alle inefficienze della classe politica. Una militanza civile orientata, negli anni Settanta, verso una scrittura in bilico tra giornalismo d'inchiesta e saggismo. Quella che io reputo l'unica, autentica divagazione narrativa è datata 1973, quando l'editore Einaudi mandò nelle librerie la raccolta di racconti "Il mare colore del vino". Un felice approdo alla classica letteratura d'invenzione dopo la variegata erudizione de "La corda pazza" e l'allegoria politica de "Il contesto" (1971).
"Il mare colore del vino" riflette pertanto uno Sciascia più liberamente creativo, più lontano da quegli impulsi superiori che ne determinavano lo status di intellettuale impegnato. Insomma una parentesi che ancora oggi rende giustizia al talento narrativo dell'autore di "A ciascuno il suo" e che ne fa uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento.
"Il mare colore del vino" fu nel '73, come ho già enunciato, un godibilissimo momento di libertà e di divertimento per Sciascia, quasi un ritorno alle origini, a quella misura narrativa che l'aveva reso celebre nel decennio precedente con "Il giorno della civetta" (1961).
Una raccolta di testi narrativi dove il tema più grave si alterna senza problemi al bozzetto d'ambiente, al puro piacere del dire e del descrivere. Vi sono racconti a mio avviso memorabili e che meritano d'essere annoverati in una ideale classifica della migliore letteratura anni Settanta.
La silloge comprende "Reversibilità": agrodolce racconto su usi e abusi del potere dove un certo giudice don Nicola Cirino, ottiene in sposa una fanciulla in cambio di favori giudiziari. "Il lungo viaggio": bellissimo apologo, quasi grottesco, su un amaro inganno ai danni di emigrati che, anziché in America, sbarcano...in Sicilia. "Filologia": erudito e malizioso gioco verbale sulla parola mafia. "Un caso di coscienza": storia di corna e di gelosie nel piccolo cosmo di un paese siciliano.
Qualche maligno potrebbe definire "Il mare colore del vino" una sorta di bon usage dei luoghi comuni della sicilianità. Vero. Tuttavia tale "manipolazione" nelle mani di Sciascia risulta del tutto immune dal virus della superficialità o del bozzettismo. No, da siciliano Sciascia indaga il suo mondo, la sua realtà intingendo la sua penna nell'inchiostro della grande letteratura, cioè di quella letteratura che si pone il compito di intrattenere il lettore e nello stesso tempo di aiutarlo a decifrare la realtà del suo tempo, di far emergere i lati nascosti persino della propria identità.
Nella nota che chiude il libro, Leonardo Sciascia sintetizza così la sua fatica : "Perchè raccolgo e pubblico questi racconti? Ecco: perchè mi pare di aver messo assieme una specie di sommario della mia attività fino ad ora.....e che tra il primo e l'ultimo di questi racconti si stabilisce come una circolarità: una circolarità che non è quella del cane che si morde la coda".
Nel rievocare la narrativa anni Settanta, farsi sfuggire questi racconti significa, secondo me, gettare nell'oblio una delle vette letterarie di quel decennio. A dispetto della nostra critica che fino a prova contraria, ha ingiustamente relegato "Il mare colore del vino" in una posizione marginale nel valutare l'opera di Sciascia. Leggere per credere cari amici di pagine 70.
LEONARDO SCIASCIA: LA VITA, LE OPERE
Leonardo Sciascia nacque a Racalmuto, in provincia di Agrigento, nel 1921 e morì a Palermo nel 1989. Maestro elementare, dal 1970 in poi si dedicò a tempo pieno all'attività di scrittore. Nel 1975 fu eletto deputato nelle liste del PCI e nel 1979 in quelle del Partito Radicale.
Nel 1956 uscì la sua prima opera narrativa: "Le parrocchie di Regalpetra", seguita da "Gli zii di Sicilia" (1958). Il successo arrivò con i romanzi "Il giorno della civetta" (1961) e "Il Consiglio d'Egitto" (1963), successo confermato e accresciuto da "A ciascuno il suo" (1966), "Il contesto" (1971), "Todo modo" (1974). Scrisse anche numerose inchieste storiche, tra le quali "La scomparsa di Majorana" (1975).
Nell'ultima fase della sua vita tornò alla narrativa con tre romanzi brevi: "Porte aperte" (1987), "Il cavaliere e la morte" (1988), "Una storia semplice" (1989).
Tra i volumi della sua produzione saggistica sono da ricordare "La corda pazza" (1970), L'affaire Moro (1978), Cruciverba (1983).
Da segnalare infine il testo teatrale "L'onorevole" (1965) e la raccolta di racconti "Il mare colore del vino" (1973).
Crocifisso Dentello
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